Facciamo un grande passo indietro nella storia, osservando alcuni strumenti del XVI e XVII secolo: un astrolabio e una sfera armillare, entrambi spettacolari, tra gli oggetti più preziosi della collezione.
Ma quello che più colpisce sono i macchinari inventati per far capire, o meglio far vedere, agli studenti dell’epoca alcuni fenomeni della Fisica, come quello per la verifica del moto parabolico della caduta dei corpi nell’aria, e quello della relazione tra gli spazi percorso dai corpi in caduta ed … i numeri dispari ???
… un modo usato da Galileo per descrivere la legge del quadrato del tempo:
1 + 3 = 4
1+3+5 = 9
1+3+5+9 = 16
…
Una porta, e poi entriamo nella pneumatica, con una campanella che si sente, e poi non si sente più perché sottovuoto, e il racconto della formidabile intuizione di Torricelli che scopre la pressione atmosferica.
Interessante anche la sala dedicata al calore ed alla termodinamica, ed ai macchinari azionati dal vapore.
Siamo quindi passati alla sala dedicata all’elettromagnetismo, con i primi motori elettrici, e all’evoluzione storica e tecnologica delle celle fotovoltaiche, a partire dalla pila a colonna di Volta.
E non possiamo dimenticare il tubo utilizzato per generare i raggi X e le prime lastre impresse nel dipartimento di medicina.
Un breve sguardo alle telecomunicazioni dall’esperimento di Marconi alle prime centraline telefoniche a commutazione manuale.
Infine l’ottica, a partire dalla riproduzione del cannocchiale di Galilei (che tra fine ‘500 e inizio ‘600 insegnò proprio a Padova nella prestigiosa cattedra di matematica, con grandi risultati sulle leggi della caduta dei gravi e sulle sue osservazioni astronomiche della superficie della Luna e dei satelliti di Giove, che intitolò “medicei” in onore del Granduca di Toscana) ai fenomeni classici della riflessione e diffrazione spiegati tramite i dispositivi utilizzati tra ‘700 e ‘800 per insegnare la Fisica.
L’ultima sala riguarda la fisica delle particelle, con la storia del Dipartimento Galileo Galilei e di Bruno Rossi che lo progettò e diresse per sei anni, fino ai rivelatori utilizzati al CERN di Ginevra.
Così in un’ora e mezza di grande intensità abbiamo sfogliato la storia di tutti i rami della Fisica classica, e non con lo spirito di un Bignami condensato, ma con una serie continua di scoperte e di richiami che ha appassionato non solo quelli di noi che tra noi hanno una preparazione tecnico-scientifica.
Alla fine un grande applauso ha ringraziato e salutato il nostro Marco, una guida davvero fuori dell’ordinario, tanto preparato quanto coinvolgente.
E la domanda di tutti:
“A quando la prossima visita?”
QUI si può leggere un bellissimo articolo di Marco Barbato scritto in occasione di una seconda visita al Museo Giovanni Poleni, per guidare i soci impossibilitati a partecipare alla prima.